venerdì 24 ottobre 2014

Recensione videogioco: ObsCure 2




Titolo: ObsCure 2
Anno: 2007
Sviluppatore: Hydravision
Distributore: Playlogic
Piattaforme: PC, PS2, Wii, PSP, PSVita
Piattaforma testata: PC



Sono felice di annunciarlo al mondo: Obscure 2 è figo.
E questo con tutte le implicazioni & considerazioni del caso: la serie aveva DAVVERO del potenziale, non ero fuori strada nel vedere buone intenzioni di fondo da parte di Hydravision (che qui offre una solida dimostrazione di saper imparare dai propri errori), e, cosa più sorprendente, a quanto pare è umanamente possibile confezionare un teen horror genuinamente godibile.
E attenzione, non sto parlando di un capolavoro, di un cristallino esempio di arte videoludica, o di un'opera che, attraverso una raffinata sensibilità e un attento gioco di sfumature e sfaccettature vi 
porterà a mettere in discussione tutto ciò in cui avete sempre creduto e vi porterà a mollare la vostra vita in nome di una ritrovata consapevolezza interiore.
No, Obscure 2 è semplicemente un survival horror dove un branco di ragazzotti stupidi per cui la solita routine routine di festini, sbronze, droghe leggere e promiscuità sessuale, viene improvvisamente sostituita da mostri, sangue e scarsità di proiettili; nulla più nulla meno. Quello che distingue Obscure 2 dal prequel, e che sancisce il salto di qualità da un prodotto passabile ma sostanzialmente insipido a un qualcosa che si lascia giocare con autentica soddisfazione, sta "semplicemente" nel carisma. Lasciamo stare per un attimo le scelte e le variazioni di design che in effetti hanno giovato alla qualità complessiva di questo secondo capitolo, il setting più variegato o gli scontati progressi tecnici dopo tre anni dal prototipo; a fare davvero la differenza è il mordente, e a suo modo il coraggio: quello di dare più spazio ai personaggi, renderli in qualche modo più vivi, cercare di creare una qualche empatia tra il giocatore e il proprio avatar... e al momento giusto, spazzare via tutto in nome di una gratuita quanto sanissima cattiveria. Perché sì, sappiamo bene che nel mondo di Obscure succedono spesso cose bruttarelle e tutti possono morire (male, per giunta), ma questa volta c'è da spendere qualche parola in più a riguardo.

La novità più significativa presentata in questo sequel (che -nota di colore- oltreoceano è stato esportato col sottotitolo The Aftermath e con la copertina più ridicolmente spoilertastica mai vista a 
memoria d'uomo, prima o poi scriverò un articolo sull'argomento) è la sostanziale linearità dello svolgimento: al contrario di quanto siamo abituati a tastare con mano in gran parte dei survival horror sulla piazza, abbiamo a che fare con "livelli" e tronconi narrativi a tenuta stagna dove la libertà d'esplorazione e il backtracking sono limitati ai minimi sindacali, con le ovvie conseguenze sul piano della scelta dei protagonisti controllabili. Quant'è vero che rimane intatta l'impostazione di base (due personaggi attivi in contemporanea, scambiabili in ogni momento oppure predisposti al multigiocatore in locale), la possibilità di scegliere i baldi giovini da condurre attravero il nostro pad o tastiera è ora una circostanza limitata a poche occasioni, e in gran parte dei casi più fittizia che altro. Difatti, le abilità uniche proprie di cui i nostri eroi possono usufruire sono strettamente indispensabili per superare ostacoli e registrare progressi. C'è da accedere in qualche area apparentemente fuori mano? State sicuri che l'acrobata e scavezzacollo Corey è in zona. Una serratura elettronica si frappone tra voi e la via del successo? Ho casualmente sottomano Mei, e tutti sanno che non esiste al mondo asiatico che non sia esperto di hacking. Ok, ora resta solo un banale lucchetto e... Oh, ciao Stan, bentornato. Ora, cos'è che eri bravo a fare nel primo gioco che non ricordo bene? Avanzare per accoppiate praticamente fisse finisce col giovare significativamente alla caratterizzazione degli attori in causa, che per l'occasione sembrano aver trovato un'improvvisa personalità e loquacità, contrapposta al generale atteggiamento passivo che ci ha accompagnati nelle precedenti peregrinazioni attraverso il liceo di Leafmore. Com'è intuibile, questo ci forza a tenere in vita a tutti i costi chiunque ricada sotto i nostri input, pena il classico game over e il ritorno all'ultimo dei salvataggi (stavolta relegati a postazioni predefinite e rigorosamente monouso). Ma, un momento. Prima non avevo rimarcato che tutti possono morire? Beh, fate 2+2. Con la differenza che un decesso prematuro non è più un evitabile effetto collaterale della vostra imperizia, ma una parte integrante dello sviluppo del plot... che confermo, mostra un'apprezzabile attitudine verso la crudeltà gratuita, e sembra amare alla follia lo spendere tempo e fatica nel convincervi a prendere in simpatia questo o quell'elemento, per poi falciarlo senza pietà proprio sotto i vostri occhi, e senza il bencheminimo rimorso. Sì Hydravision, ora mi piaci sul serio.
Poi ok, tutto ciò che è di contorno funziona quanto serve. La progettazione dei livelli ha fatto qualche passo in avanti, la revisione delle meccaniche di combattimento, senza fare miracoli porta in dote un
sistema migliorato, i puzzle mostrano qualche guizzo di creatività e di impegno richiesto e tecnicamente il bilancio è positivo, con una grafica invecchiata piuttosto bene e una soundtrack dove Oliver Deriviere si conferma ottimo e ispirato. Insomma, un survival horror riuscito, che si lascia giocare con piacere, e che finalmente riesce a coprire con nonchalanche i propri difetti. 
D'accordo, però a conti fatti il plot è poca cosa, e buona parte degli eventi accade senza un vero perché. 
Vero, ma fottesega, mi sono divertito, e non sento più sta gran voglia di perdermi in sottigliezze. 
Sì, ma che dire dei personaggi? Gira e rigira non sono che un'accozzaglia di collegiali da catalogo. 
Massì, alla fine una volta che li conosci non sono così malaccio. E hanno le birre. 
Va bene, ma vogliamo parlare della virtuale assenza di veri spaventi? 
Eh vabbè, che sarà mai... Per quello ho almeno due copie di praticamente qualunque Silent hill sia mai uscito, stai buono. 
Allora... Uhm... Ecco, giusto. E il tuo odio atavico quanto giustificato per i teen horror? come la mettiamo ora?
Senti, m'hai rotto i coglioni. E non mi importa che tu sia la voce della mia coscienza e del mio io più razionale, che tu stia dicendo tutte cose vere, e che in realtà sto consapevolmente scrivendo tutto da solo giusto per darmi un tono. Quindi, lascia che ti spieghi una cosa: Obscure 2 è figo, e non sono tanto propenso ad accettare argomentazioni contrarie, anche perché sono consapevole dei suoi punti deboli, e semplicemente alla luce di tutto, me ne frega il giusto. Obscure 2 è un pò come guardare un buon horror di serie B, fondamentalmente stupido quanto vuoi, ma con quei pochi accorgimenti per cui finisci a non vergognarti di godertelo ed eleggerlo senza troppe remore come personale "guilty pleasure". Ed è quello che in cuor mio speravo fin da principio per Obscure, quindi per una volta al diavolo la coscienza e il mio io razionale. Loro e tutte quelle solfe sul prossimo party dei Delta Theta Gamma. Cioè, che mai potrà mai succedermi?

Voto: 8/10

giovedì 23 ottobre 2014

Recensione videogioco: ObsCure




Titolo: ObsCure
Anno: 2004
Sviluppatore: Hydravision
Distributore: Dreamcatcher Interactive
Piattaforme: PC, Xbox, PS2
Piattaforma testata: PC


Premessa: Ovvero, sto diventando vecchio? (Nah, sono i giovani d'oggi a fare schifo)

Ok, vi faccio una confessione: odio dal profondo i teen horror.
No, un momento, riformulo: odio i teen horror di nuova generazione, quelli, per intenderci, che tra la fine degli anni '90 e i primi '2000 hanno infestato il panorama cinematografico del genere con lo stesso ritmo (e la stessa sgradevolezza) del proliferare di ricoveri per intossicazioni da alcol e malattie sessualmente trasmissibili ipotizzabili tra i giovinastri in essi rappresentati. Un distinguo necessario, in quanto le vicende di collegiali arrapati, adolescenti allo stato brado e giovani teste di cazzo miscellanee messi in scena con l'unico scopo di fornire carne da macello per lo psicotico di turno sono da sempre un caposaldo del cinema d'orrore, slasher in particolare (altra confessione, in linea di massima non amo gli slasher in generale), ma è solo con questo filone di fine millennio che esse possono effettivamente vantare la creazione di un sottogenere a sé facilmente codificabile, tra un'irritante blandezza di fondo (si sa mai che si rischi di sforare il VM14), un ventaglio di protagonisti scientificamente studiati per catalizzare la vostra voglia di tirare schiaffi, e un generale vuoto pneumatico a livello registico, stilistico e creativo.
E questo mi porta all'ultima confessione di giornata (prometto): paradossalmente avevo aspettative mica male riguardo a Obscure. Parliamone: un liceo americano è un setting che qualche potenziale inesplorato ce l'ha, aggiungiamo che nel 2004 il survival horror classico è un genere all'apice della propria maturità, con un bagaglio di ispirazioni e trucchi del mestiere ormai corposo, efficace e di pronta applicabilità.. Magari, ipotizziamo un pizzico di sana ambizione e -perché no?- un utilizzo intelligente e consapevole dei cliché propri del contesto, e riporre buonissime speranze in questa produzione francese non sembra più così utopico.

Oh mio Dio, hanno rapito Kenny!

Brutti bastardi che non siete altro. Il buon Kenneth Matthews, tra un tiro a canestro e l'altro, s'è trattenuto nella palestra scolastica fino a dopo il tramonto. Poco male, una doccia veloce e via all'appuntamento con Ashley, questo il programma della stella della pallacanestro di Leafmore High School, un'anima semplice dopotutto, a patto di scavare tra gli strati di testosterone e steroidi a buon mercato. Ma all'improvviso, un'imprevisto: qualcuno è scappato via portando con sé il borsone del nostro eroe. Kenny si butta all'inseguimento del ladruncolo, ma quello che pareva il più banale scherzo da prete, si rivelerà una terrificante trappola: col senno di poi, tutte quelle sparizioni di studenti non suonano più come una buffa coincidenza, nevvero?
Naturalmente, all'indomani la scomparsa di Kenny non passa inosservata per Ashley, la sorella Shannon e un paio di compagni di classe reclutati per l'occasione: i quattro non perdono tempo, trattenendosi nell'istituto oltre gli orari di lezione, convinti non a torto che la soluzione del mistero sia tutta nei meandri di Leafmore, ma ancora inconsapevoli di quali orrori dovranno affrontare pur di trarre in salvo l'amico/fratello/fidanzato e magari poter assistere ancora in vita al sorgere dell'alba di un nuovo giorno.

School's out... forever

Chi ben inizia è a metà dell'opera, dicono; e in quanto a questo, non c'è proprio nulla da obiettare ai ragazzi di Hydravision, che proprio nelle battute iniziali decidono di giocare le carte migliori, e di stupire con inaspettati tocchi di stile. Per dire, se il punk-pop dei Sum41 ad accompagnare il filmato introduttivo (almeno nell'edizione scatolata) può suggerire uno svolgimento e un tono generale prevedibile, le prime sessioni giocabili assumono di colpo tutt'altra atmosfera, con un magnifico quanto inatteso accompagnamento orchestrale coadiuvato da un suggestivo coro di voci bianche, il tutto mentre esploriamo aule e corridoi che l'ultima luce del crepuscolo rende spettrali e vagamente minacciosi. C'è tempo di farsi una discreta scampagnata, risolvere qualche enigma e capacitarci che attorno a noi c'è qualcosa di innaturale e maligno prima del momento catartico (ossia: i mostri esistono, sono proprio nella mia scuola e non hanno tutte ste belle intenzioni) e l'avvio a pieno regime del gameplay. Nel contempo, abbiamo modo di fiutare qualche idea fresca messa a punto dal team. Su tutte, la gestione dei personaggi giocabili: nei vari punti di ritrovo, possiamo scegliere tra tutti i bambocci presenti, portandoci con noi un compagno, controllato dall'IA fino a quando non decideremo di scambiare e assumerne il comando, o alternativamente, nelle mani e nel pad di un secondo giocatore (anticipando il trend del gioco in cooperativa tanto in voga oggigiorno, o giusto per testimoniare una gagliarda resistenza da parte di un orpello di ere passate qual'è il multiplayer in locale, fate voi). Oltre a questo, è possibile constatare come ciascuno dei protagonisti abbia a disposizione una caratteristica unica per facilitarci la vita: Kenny può sfruttare le proprie doti atletiche per compiere scatti impensabili ai compagni, l'incazzosa Ashley è particolarmente portata per l'autodifesa e se la cava meglio di tutti con le armi, l'aspirante reporter Josh mette in pratica l'interesse per l'investigazione con l'abilità di rilevare se nella stanza che stiamo esplorando ci sono ancora oggetti e indizi utili, Stan (pessimi voti, look da skater e attitudine da bad boy) è lo scassinatore più veloce della congrega, e la secchiona Shannon funge da Lisa Simpson della situazione, felice di ricordarci petulantemente quale dovrebbe essere il prossimo passo per avanzare nel gioco. Talenti più o meno utili, ma come avrete potuto intuire, ma in nessun caso veramente indispensabili... E questo ci porta al prossimo punto: in Obscure, TUTTI possono morire. E dico letteralmente: un decesso prematuro qui comporta semplicemente un amico da piangere in più e sotto al prossimo; è tranquillamente possibile portare avanti e terminare il gioco con un unico elemento sopravvissuto, magari la ragazza verginella e sfigata (sì, ce l'ho con te Shannon), e questo rende molto il tono da teen slasher. Se poi consideriamo la galleria di stereotipi nemmeno vagamente celati che costituisce il cast... che sia davvero l'utilizzo intelligente e consapevole dei cliché di cui parlavo poc'anzi? Davvero Obscure riesce nell'impresa di nobilitare un genere così radicalmente stronzo?

Sì, i teen horror fanno ancora schifo

Nah, questo round la stronzaggine di fondo ha la meglio. Per quanto Hydravision sembri suggerire a ogni dove una sostanziale comprensione del genere trattato, dei propri limiti e una certa volontà di superarli; esaurite le valide premesse, il team finisce invece per rendere la propria opera esattamente quello che non doveva essere: blanda e fondamentalmente innocua. Parlavo di atmosfera, di quell'oppressivo tramonto ad accompagnare i primi capitoli... Beh, calato quello, finito quasi completamente il pathos. Le ore notturne non riescono ad aggiungere nulla di che al carisma e al fattore-spaventi (che deve accontentarsi di vivacchiare di qualche scarejump telefonato e men che memorabile), non il massimo per un prodotto che già a partire dal titolo vorrebbe porre particolare enfasi sul dualismo luce-tenebra. Per il resto, ci attestiamo sull'ABC del survival horror, con una struttura generale sufficiente e nulla più, livelli ispirati il minimo indispensabile, nemici sostanzialmente mediocri, e una sceneggiatura non abbastanza forte da sopperire, nascondere o nobilitare l'impalcatura di luoghi comuni su cui si regge (e che in qualche modo si prefiggeva di omaggiare ed elaborare costruttivamente, ne sono sempre convinto). Insomma, poco più che un semplice teen horror in forma digitale, che a dirla tutta riesce comunque a rendersi giocabile e adeguatamente divertente da essere tranquillamente giocato fino in fondo senza sfociare nella pura inerzia (o peggio, noia), ma che al contempo non può che lasciare l'amaro in bocca per come non sia stato sviluppato all'altezza delle potenzialità messe in mostra. In pratica, l'alunno Hydravision è intelligente, ma potrebbe applicarsi di più.



Voto: 6,5/10

Pesce al vapore

Membri della Glorious PC Gaming Master Race, gioite!
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